Imprese, aumenta l’importanza del Chief Communication Officer

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| Maggio 05, 2016
Imprese, aumenta l’importanza del Chief Communication Officer

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Aumenta l’importanza del chief communication officer, all’interno delle aziende nelle quali oggi deve essere in grado di svolgere principalmente 3 ruoli, uno di tipo strutturale uno di integrazione e uno di costruzione. Questo il dato che emerge da ‘The new chief communication officer: transforming enterprises in a changing world‘, il rapporto realizzato dalla Arthur W. Page Society, l’associazione statunitense che riunisce i direttori delle prime 500 aziende della classifica di Fortune, e presentato a Milano in una jam session promossa da Edelman.

Secondo il rapporto, nel suo ruolo strutturale il chief communication officer è diventato non solo un attore centrale nell’elaborare la strategia di gestione della reputazione e di coinvolgimento degli stakeholders aziendali, ma anche un leader nel costruire l’identità aziendale e nel fornire consulenza sulle strategie fondamentali legate al business. Tre gli aspetti fondamentali in questo contesto: strategic business leader e consulente, steward della reputazione aziendale, comunicatore efficace, costruttore di relazioni con gli stakeholder.

Il nuovo chief communication officer dovrà essere in grado di collaborare in maniera ancora più stretta con altre figure chiave aziendali, quali il responsabile risorse umane in merito ad aspetti come l’identità aziendale ed il rapporto azienda-dipendenti, il responsabile della struttura tecnologica informativa per sviluppare una più ampia capacità di analisi dei dati aziendali, e il responsabile marketing, per armonizzare il brand e le attività mirate al customer engagement con le azioni mirate agli altri stakeholders. In questa posizione il chief communication officer deve essere in grado anche di ripensare il concetto di team per permettere una maggiore integrazione funzionale e una più stretta collaborazione tra diverse figure aziendali, favorendo la diversificazione delle competenze.

Secondo il rapporto, però, la maggiore sfida per il comunicatore è rappresentata dalla necessità di costruire un processo di advocacy mediante una modalità basato sul coinvolgimento individuale. Per fare ciò dovrà essere in grado di costruire sofisticate piattaforme tecnologiche capaci di mappare gli stakeholders, di favorire la loro conoscenza e di sistematizzare il processo di engagement non tanto come cluster ma come individui. Se rivolti alla comunicazione interna all’azienda, tali sistemi potranno essere usati per migliorare l’engagement, formare e mettere in grado i  collaboratori di comunicare l’immagine dell’azienda per migliorarne la reputazione. Se orientati alla comunicazione esterna, questi sistemi saranno utli a trarre conclusioni circa i comportamenti e le attività dei principali gruppi di stakeholders e veicolare messaggi, contenuti o opportunità mirate a un coinvolgimento personale o ad azioni congiunte.

Commentando le evidenze emerse, anche alla luce della sua esperienza professionale, con Fiorella Passoni, general manager di Edelman Italia, intervenuta alla presentazione con Harvard Business Review, The Ruling Companies, Methodos e Roger Bolton, presidente della stessa Page Society, ha tratteggiato i 5 aspetti che ritiene essenziali per il ruolo del nuovo comunicatore. “Il primo dei 5 elementi che identifico”, ha spiegato, “riguarda le differenze culturali in azienda che hanno un peso notevole e che il cco deve essere in grado  di bilanciare mettendo a sistema le diverse funzioni aziendali. Il secondo elemento è il ruolo molto complesso che si trova a gestire il comunicatore, stretto tra l’esigenza di proteggere la reputazione e quello di contribuire alla costruzione della fiducia. Un ruolo non facile perchè, come diciamo in Edelman, il comunicatore deve lavorare su tre livelli, quello della promozione del brand aziendale, della protezione e dell’evoluzione. Capire quindi quali sono i momenti, quali gli stakeholder rispetto ai quali azionare queste tre leve non è cosa di poco conto. Il terzo punto riguarda la capacità del comunicatore di osservare e divulgare all’interno dell’azienda eventuali stimoli utili recepiti sul mercato esterno e contemporaneamente di portare agli stakeholder esterni la cultura aziendale, sapendo che non tutti gli interlocutori hanno lo stesso approccio e lo stesso livello di fiducia.

La nostra ricerca mondiale Trust Barometer ha messo proprio in evidenza come il gap di fiducia tra le elite e il resto della popolazione stia crescendo e in Italia si attesti sugli 11 punti percentuali: un elemento da non sottovalutare. Il quarto elemento riguarda la capacità del CCO di coniugare idealismo e pragmatismo. Ci sono infatti situazioni in cui è importante avere ampia visione per portare l’azienda ad un livello più alto e situazioni in cui bisogna gestire la quotidianità in modo efficace. Il quinto aspetto riguarda la responsabilità di raccontare le storie aziendali attraverso earned media e l’owned media”. “Da questo punto di vista mai come oggi l’earned media è il nuovo paid media ed in un certo senso la responsabilità per il cco è ancora più grande. Se dovessi poi definire le caratteristiche che il comunicatore ideale secondo me deve avere sono: la curiosità, elemento che porta a informarsi sul mercato, sui concorrenti, sul mondo esterno, una buona capacità di analisi e di ascolto, e la flessibilità che è sempre più indispensabile in un modello di azienda come quella odierna che è spesso soggetta a cambiamenti organizzativi”.

 

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