Le Pmi più rilevanti si sono dimostrate ancora una volta più evolute e hanno investito di più nella tecnologia digitale rispetto alla media nazionale. Questi dati emergono da una ricerca effettuata “Pmi italiane tra tradizione e innovazione”. Basti pensare che il 93% del campione ha un sito in almeno un’altra lingua rispetto all’italiano, il 46% è presente su un social media, il 29% usa internet per servizi pre e post vendita, e infine il 15% vende online o su marketplace i propri prodotti (percentuale molto alta se tiene in conto che la maggior parte di queste aziende appartiene al B2B).
Questo segmento di imprese è consapevole che, per competere in un mercato globale e in rapida evoluzione, il ricorso alle tecnologie digitali non sia più un’opportunità, ma una necessità. Ecco perché prevedono nei prossimi 3 anni di destinare circa il 15% del budget di R&D proprio allo sviluppo di soluzioni quali e-commerce evoluti, software per la gestione condivisa di dati e informazioni, piattaforme per l’ottimizzazione della supply chain.
Queste Pmi crescono a un ritmo 3 volte superiore alla media del settore. A dispetto della crisi hanno raddoppiato il reddito operativo negli ultimi 5 anni e hanno rafforzato la loro solidità finanziaria. Questi dati emergono dal convegno “PMI italiane fra tradizione e innovazione digitale” organizzato a Milano da L’Osservatorio Pmi di Global Strategy, società di consulenza strategica e finanziaria.
Da quanto emerge dallo studio, nel 2014 sono 327 le aziende che hanno passato la selezione registrando tassi di crescita medi annui del fatturato tre volte superiori rispetto all’universo delle PMI (+10% vs. +3%) e un reddito operativo che è cresciuto nel periodo 2008-2012 di ben il 19% medio annuo (contro una diminuzione media del 3% da parte delle Pmi “normali”).
Un’eccellenza che trova conferma anche nella capacità di generazione di cassa (rapporto Pfn/Ebitda pari a 0,4 contro 2,6 del resto delle PMI nel 2012) e nel ritorno sugli investimenti (Roi 2012 pari a 12,1%).
Infine, le Pmi più rilevanti sono fortemente orientate all’innovazione: investono ben il 5% del loro fatturato in ricerca e sviluppo. In particolare, è interessante notare che la maggior parte di questo budget (53%) è ancora destinato al miglioramento del prodotto, mentre gli investimenti in digitalizzazione sono pari al 15%.
Ferma restando l’importanza della qualità del prodotto (fondamentale per il 90% del campione contro il 72% di 4 edizioni fa), l’impressione è che la crisi abbia premiato le imprese più dinamiche e veloci nel riuscire a comprendere dove i mercati stanno andando e come si stanno modificando. La capacità di rispondere alle esigenze del mercato infatti è diventata fattore strategico per ben il 75% delle imprese eccellenti, con un incremento rispetto al periodo pre-crisi di oltre 30 punti percentuali. Sembra invece che, il valore del brand non basti più: la competizione sui mercati globali premia chi innova dal punto di vista sia del prodotto sia della strategia imprenditoriale, mentre l’importanza del marchio sembra aver subito un forte ridimensionamento pari a 25 punti passando dal 54% al 29%.
Nell’Osservatorio 2014 il focus è l’innovazione digitale e il ruolo che questa può avere sul rafforzamento competitivo e sui percorsi di internazionalizzazione. In questo senso, si evidenzia come le aziende di più piccole dimensioni (<50 mio € di fatturato), seppur eccellenti, facciano più fatica nell’export, con una quota inferiore di un terzo rispetto alle eccellenti più grandi e più focalizzate su mercati di prossimità (Europa). Tuttavia il 73% degli imprenditori (questa percentuale supera l’80% per le aziende più piccole) ritiene che l’utilizzo e lo sviluppo di piattaforme digitali potrebbe rappresentare un valido sviluppo alla crescita internazionale perché permetterebbe loro di tornare a puntare su brand e prodotto incrementandone la diffusione e semplificando al contempo la struttura commerciale.